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Il giudizio dice molto più di noi che dell’altro: perché?

  • Alessandra Paganelli
  • 3 dic 2018
  • Tempo di lettura: 3 min

Nel corso dell’evoluzione dell’uomo il nostro cervello ha appreso alcune strategie per adattarsi più facilmente e velocemente alle diverse situazioni e condizioni che mettevano in pericolo la sua sopravvivenza. Per questo ha imparato ad elaborare in maniera “istintiva” giudizi, a formulare analogie per dare significato alla esperienze e a prendere decisioni velocemente.

In psicologia cognitiva tali strategie cognitive sono denominate euristiche.

In epoche in cui l’uomo viveva in ambienti selvaggi, imprevedibili, pieni di pericoli per la propria sopravvivenza l’uomo non si poteva fermare a riflettere sulla strategia migliore da utilizzare, ma doveva agire rapidamente arginando quanto più possibile i rischi, sviluppando strategie cognitive rapide.

Queste strategie ci accompagnano anche oggi: ci consentono di risparmiare energia cognitiva perché sono istantanee. Può succedere però che possano portarci “fuori strada” perché ci portano a valutare la situazione in modo troppo superficiale.

Le euristiche, ancora oggi, ci aiutano a prendere decisioni e a emettere giudizi che ci aiutano a elaborare le tante informazioni che riceviamo dal mondo esterno e a comprendere il mondo in cui siamo inseriti, ma nelle situazioni complesse e nelle relazioni interpersonali una mancata consapevolezza della loro azione ci può portare a prendere decisioni sbagliate o può ostacolare la collaborazione con l’altro e l’ascolto del suo punto di vista.

Vediamo alcune euristiche “scorciatoie del pensiero”:

Euristica della rappresentatività - è la tendenza a classificare e categorizzare un oggetto, una persona o una situazione attraverso il criterio della somiglianza con altri oggetti, persone o situazioni simili che la persona ha vissuto in passato.

In che misura gli attributi della situazione A consentono di collocarla nella categoria B? Si cercano le caratteristiche simili e si sottovalutano le informazioni che potrebbero far pensare al contrario, confermando il nostro stereotipo.

Euristica della disponibilità - è la tendenza a valutare la probabilità che si verifichi un determinato evento sulla base della facilità con cui ricordiamo o siamo in grado di pensare a esempi relativi. Nel giudicare la probabilità di accadimento di un evento le persone cercano di ricordare o generare mentalmente dei casi (esempi) che possano dare loro delle indicazioni utili.

Euristica dell’ancoraggio o accomodamento - si verifica quando, dovendo emettere dei giudizi in una condizione di incertezza, le persone riducono l’ambiguità ancorandosi ad un punto di riferimento stabile, una propria ipotesi per poi operare degli aggiustamenti e raggiungere una decisione finale.

La tendenza, quindi, a giudicare una persona o una situazione è fortemente influenzata dalla tendenza delle persone a cercare una conferma alle loro ipotesi iniziali, “aggiustando” e accomodando le nuove informazioni sulla base di questa ipotesi.

Più ragioniamo e più tendiamo a cercare informazioni che confermino le nostre ipotesi iniziali più aumentiamo l’ancoraggio rispetto all’ipotesi da cui siamo partiti.

Continuate a pensare che il nostro giudizio sia infallibile?

Giudichiamo più in base alle nostre esperienze passate e alle nostre memorie, cercando di confermare le nostre ipotesi e la nostra visione delle cose anzichè in base alle reali situazioni o persone che incontriamo.

Questo è il motivo per cui dobbiamo diventare sempre più consapevoli di questi processi automatici che intervengono e mediano le nostre decisioni e i nostri giudizi, sforzandoci di auto-osservarci e di osservare le situazioni e le persone per quello che vediamo e sentiamo con i nostri sensi e non per quello che elaboriamo rapidamente in automatico.

Il giudizio chiuso è una euristica del pensiero, ovvero la strada più “comoda” e facile, perché richiede il minor sforzo.

L’atto di riflessione senza euristica invece, è molto più complesso e richiede decisamente più tempo e impegno.

 
 
 

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