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Come lavora lo psicologo?

  • Alessandra Paganelli
  • 4 set 2019
  • Tempo di lettura: 2 min

Oggi vi voglio parlare di una delle domande che frequentemente i pazienti che incontro per la prima volta mi fanno entrando nel mio studio: mi scusi ma dov’è il lettino? ma io non mi dovrei sdraiare sul lettino, parlare parlare e lei sta ad ascoltarmi?


Ebbene si nel mio studio non c’è il lettino ma due comode poltrone in pelle disposte una davanti all’altra, in una siedo io e nell’altra il paziente. Ci sono due poltrone di fronte perché il mio modello di lavoro cognitivo comportamentale si basa non solo sull’ascolto ma soprattutto sulla collaborazione tra paziente e psicologo orientata al raggiungimento di un obiettivo preciso concordato.


Per illustrarvi come lavoro vi racconto una storia che Milton Erikson celebre psichiatra e psicoterapeuta statunitense era solito narrare quando gli chiedevano che cosa facesse lo psicologo.


"Un giorno stavo tornando a casa da scuola, quando un cavallo, che era scappato con le redini sulla groppa, superò un gruppo di noi ed entrò nel campo di un contadino alla ricerca di un po’ di acqua da bere. Sudava abbondantemente, e il contadino non l’aveva visto, cosicché lo catturammo noi.Io saltai in groppa al cavallo e, visto che aveva le briglie, presi in mano le redini e dissi:”Hop! Hop!”, indirizzandolo verso la strada. Sapevo che il cavallo avrebbe girato nella direzione giusta. E il cavallo si mise a trottare e a galoppare lungo la strada.Ogni tanto si scordava di essere sulla strada e si buttava in qualche campo, allora io gli davo una scrollatina e richiamavo la sua attenzione sul fatto che era sulla strada che doveva stare.E alla fine, a circa 4 miglia da dove gli ero salito in groppa, si infilò nel recinto di una fattoria e il contadino disse: ”Dunque è così che è tornato quello scemo. Ma dove l’hai trovato?”, e io dissi:” A circa 4 miglia da qui”. “E come hai fatto a sapere che dovevi venire QUI?”. ”Io non lo sapevo”, risposi “Lo sapeva il cavallo. Io non ho fatto altro che mantenere la sua attenzione sulla strada”.


Proprio così lo psicologo non consiglia, non decide, ma è affianco alla persona, sulla stessa strada per aiutarla a superare i problemi e gli ostacoli che hanno portata a cambiare rotta, a perdere la strada di casa.

In questo viaggio insieme, il paziente rappresenta il "ricercatore", il maggiore esperto di se stesso, mentre lo psicologo il "supervisore alla ricerca" cioè il maggior esperto del metodo che accompagna il paziente a ritrovare la strada di casa.

 
 
 

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