Violenza. Trauma. Le ferite dell’anima.
- Alessandra Paganelli
- 26 nov 2018
- Tempo di lettura: 3 min

La giornata mondiale contro la violenza sulle donne, celebrata il 25 novembre, mi porta a riflettere sull’impatto psicologico che il trauma relazionale derivato da esperienze di violenza fisica o psicologica ha sui vissuti e sulle difese della persona.
Le esperienze di violenza rappresentano una “ferita dell’anima”, qualcosa che rompe il consueto modo di vivere e vedere il mondo.
Una persona può vivere differenti esperienze traumatiche:
i traumi T maiuscola, ovvero tutti quegli eventi in cui la persona ha visto minacciata la vita e l’ integrità fisica propria o delle persone a lei care;
i traumi t minuscola, ovvero i traumi relazionali che derivano dai conflitti di coppia, il bullismo, ecc.
L’essere vittima di un evento traumatico porta a conseguenze che possono essere riscontrabili non solo a livello emotivo, ma lasciano il segno anche nel corpo, con reazioni neurovegetative (disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione, ecc).
Questo quadro sintomatologico, che può arrivare fino a delinearsi in un Disturbo da Stress Post-Traumatico, che è caratterizzato dal “rivivere” continuamente l’evento traumatico, continuando a provare tutte le emozioni, sensazioni e pensieri negativi esperiti in quel momento.
Le situazioni che comportano un trauma generalmente sono imprevedibili, assurde e disarmano la persona che fatica a collocarle cognitivamente, a dargli un senso e a capire come affrontarle e questo determina determina in lei una disorganizzazione delle difese psicologiche che la persona ha sempre avuto fino a quel momento e genera un forte senso di vulnerabilità.
Di cosa può avere bisogno una persona che vive o ha vissuto esperienze traumatiche?
Avere una persona con cui parlare dei propri pensieri e sentimenti. Mettere i propri pensieri ed emozioni in parole ci aiuta a mettere ordine nella nostra testa.
È importante considerare il fatto di aver bisogno di un aiuto di una persona di fiducia per superare il momento, che può essere anche uno psicologo/psicoterapeuta/psichiatra, i servizi o le associazioni di riferimento.
Evitare le domande del tipo “se io…” “se io avessi fatto questo” “se io avessi potuto prevedere…”, perché implicano una senso di responsabilità per quello che è successo. Ci sono cose che possiamo cambiare e cose che non possiamo cambiare.
Cercare di mantenere la routine quotidiana, per esempio tornare al lavoro al più presto, anche se la capacità lavorativa sarà ridotta perché ci si potrebbe stancare facilmente.
Essere consapevoli che, anche se le reazioni e le emozioni sono forti, questo è normale.
Darsi il tempo necessario per riguadagnare le proprie forze.
Il vivere o aver vissuto esperienze traumatiche può mettere la persona veramente a dura prova e portarla a richiedere l’aiuto di un professionista della salute mentale.
Tra gli interventi psicologici efficaci nel trattamento del Disturbo post-traumatico da stress, la letteratura scientifica conferma il trattamento EMDR, Eye Movement Desensitization and Reprocessing (Shapiro & Solomon, 1995; Seidler & Wagner, 2006; Pagani et al., 2012).
L’EMDR è efficace in quanto riattiva il sistema di elaborazione delle informazioni che risulta bloccato in seguito al trauma. EMDR, attraverso una stimolazione bilaterale, ossia movimenti oculari destra e sinistra, simili a quelli che ci sono nel sonno REM, mentre la persona è concentrata sul ricordo dell’evento traumatico, è in grado di riattivare il sistema di rielaborazione cerebrale.
La persona si concentra sul ricordo, sull’immagine traumatica, sull’emozione, sulle convinzioni a livello cognitivo, sulle sensazioni fisiche e dopo diverse stimolazioni osserva come le immagini perdano di vividità, le emozioni comincino a defluire e tutta la carica emotiva di disagio si desensibilizza. Il ricordo dell’esperienza traumatica è desensibilizzato e la persona riesce gradualmente a dare un senso all’esperienza.
Per approfondimenti: www.emdr.it
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